venerdì 1 novembre 2013

IL VIANDANTE SUL MARE DI NEBBIA

Lo yoga è la pratica del samadhi e samadhi è l'esperienza della morte, la visione dell'abisso.


Ogni volta che meditiamo si è sull'orlo dell'abisso.
Ogni volta che assumiamo, veramente, un asana si è nella "Terra dell'Oltre".
Non è una cosa simpatica, se ci si pensa, e viene da chiedersi quale sarà il motivo per cui, nell'occidente consumistico, tante persone perdono tempo e denaro a mettere insieme un po' di mantra, visualizzazioni prese dai libri, cinque cristalli, incensi, tamburi e due parole in indiano, invece di impiegare energie per leggere romanzi, passeggiare all'aria aperta, dipingere o fare l'amore.Secondo me ha qualcosa a che vedere con la moda della chirurgia plastica: perché migliaia di donne e adesso anche uomini si gonfiano la faccia, si tagliano il naso, si infilano della plastica nel petto e nei glutei per assomigliare a ciò che pensavano di essere 20 o 30 anni fa? 
Alcuni pensano e scrivono che è un modo per esorcizzare la paura della vecchiaia e della morte, e ame viene in mente l'ingenua sapienza dei greci:


"la morte non esiste. 
Se c'è io non c'è lei. 
Se c'è lei non c'è io". 

E' così semplice.
Anni fa, per un mese o due ho vissuto in una scuola per danzatori sacri (un addestramento che faceva parte del  progetto di una fondazione americana, la "World Misteries Foundation" che mi ha coinvolto per un paio d'anni), di quelle di cui a volte si legge nei libri.
Ed ho vissuto delle cose che non si leggono nei libri.
C'erano molte stanze.
Alcune piccole con due lettini, altre più grandi. I cessi erano pochi, uno per piano. 
C'era una sala per la meditazione e lo yoga, uno spazio all'aperto per le danze e gli esercizi più complessi e, lì v
icino un tempio, un teatro circolare ornato da teste e braccia di marmo antico.
Dividevo la stanza con Ninad, un suonatore di tamburi. 
Mi svegliavo prima dell'alba, pulivo il bagno del mio piano,
insieme al suonatore di tamburi e poi facevo "ginnastica" con il maestro di danza.

A turno con altri anziani (erano gli allievi "anziani", tra cui 12 monaci, a fare i lavori più umili mentre i giovani e meno esperti decidevano loro quando farli e se farli...) preparavo la colazione per tutti. 
Preparare la tavola era un rito: tutto doveva seguire un riconosciuto e riconoscibile ordine geometrico e temporale.
Quando erano pronti il tè  e il latte suonavo il gong per chiamare gli altri. .
Dopo mangiato aveva inizio l'addestramento, roba tosta, molto fisica.Durante le pause, ogni tanto, il "Maestro di danza" si sedeva e ci invitava a fare domande. 
Un giorno ha parlato della morte. 
Una di noi. C., ha sorriso:

- "vuoi farci paura? Io non ho paura della morte!"

Anche il Maestro ha sorriso:

- "Sei giovane, per questo non hai paura della morte" - 

Ad Eleusi si insegnava,nei Misteri , il segreto della morte. 
La porta dell'abisso era un fiore, poi dei semi di melograno, una vagina parlante, un riso improvviso. 
E muto.
Qualcosa di impalpabile, qualcosa per l'inconscio, non per la mente che pensa.
Nella parte più nascosta del mio cervello ho ricordi di quando non c'erano case, macchine e strade e l'uomo doveva combattere per difendersi e mangiare. 
Un rumore, il buio che ci guarda .
E il nostro passato, più antico dei ricordi, torna presente.
Gli occhi e le orecchie si fanno più acuti, il cuore batte più veloce...La paura del guerriero antico è meravigliosa sembra di essere più forti e più vivi.
Anche questa è memoria, la memoria antica dello sciamano.

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