Ogni persona (parola che in etrusco significa "maschera") è la rappresentazione "artistica" di un'idea o divinità con determinate caratteristiche , funzioni ed attributi, anzi potremmo dire che è la forma visibile di una vibrazione.
La "Persona" con la "P" maiuscola è il guerriero, l'amante divino, la danzatrice sacra che in qualche modo a "livello vibratorio(?)"vivono dentro di noi.
A volte, nei momenti di crisi o di grande intensità emotiva la Persona, la divinità, emerge.
Possiamo chiamare questa Persona "Corda Coscienziale".
Una particolare vibrazione, una coloritura o qualità della vibrazione fondamentale, l'Aum.
E' relativamente facile, una volta "accordata" la propria corda coscienziale, vibrare all'unisono con l'universo.
E' difficilissimo, nella nostra società svelare la propria tonalità nel frastuono creato dagli innumerevoli piccoli io che si agitano per fingere di avere un'esistenza propria.
Tutti i piccoli io che compongono ciò che definiamo (con involontaria ironia) identità inalienabile o individualità non sono altro che echi della corda coscienziale, riflessi della Persona che dorme dentro di noi, e, in quanto riflessi, ripropongono, in scala, i medesimi meccanismi che hanno condotto all'individuazione, alla prima determinazione ovvero alla creazione del mondo sensibile.
Se lo scopo della vita, secondo lo Yoga, è l'identità con l'assoluto, i piccoli io lottano per aggregarsi in un qualcosa che possa rassomigliare all'Essere e tendono a mitizzare ed esaltare le singole individualità per costruire un feticcio ad immagine del dio unico.
La "realizzazione" diviene sinonimo di SUCCESSO, di pieno sviluppo delle "proprie" possibilità creative e produttive.
Non potendo, il frammentato io empirico, lavorare sul piano della qualità, si riduce a cercare la risoluzione dell'ansia di incompiutezza nella quantità'.
Se lo scopo del capofamiglia è quello di garantire la sopravvivenza di moglie e figli (cibo quotidiano, abiti per proteggersi dal freddo, un tetto per proteggersi dalla pioggia), lo sciocco io empirico arriva a pensare che se è bene avere pane averne tanto con l'aggiunta di companatico, dolce, frutta, amaro e caffè sarà meglio.
Non si cerca più di garantire la sopravvivenza dei familiari, ma di mostrare la possibilità di sprecare.
Se è bene procurarsi degli abiti per proteggersi dal freddo (pensa l'io empirico) avere tanti abiti sarà meglio.
Se è bene costruirsi un tetto per proteggersi dalla pioggia costruirsi cinque o sei case sarà meglio.
E ogni volta che lottiamo per stare meglio (ovvero avere di più) ci allontaniamo dallo stato naturale.
Ahamkara, che si traduce con ego, nello lo yoga è una funzione dell'"organo interno".
Ahamkara permette di conoscere tramite la discriminazione tra interno ed esterno per cui è naturale che si rivolga all'esterno.
Il problema nasce dall'identificazione della "Persona" con lo strumento del conoscere.
Ahamkara serve a "prendere le misure"ed è quindi incapace di percepire la "qualità", e per questo che l'io fittizio si dedica, spasmodicamente,alla ricerca della "quantità", ma questa carenza qualitativa alla lunga condurrà insoddisfazione, dolore, senso di inadeguatezza e di inutilità.
Nel fare teatro ho avuto modo di osservare uno strano fenomeno:
più si avvicina la prima e più l'emozione aumenta (per tutti: attori, costumisti, scenografi, regista).
Un'eccitazione palpabile che diviene quasi insopportabile nell'attimo che precede, la sera dell'evento, l'apertura del sipario.
Il giorno seguente (a prescindere dal responso del pubblico) l'energia è azzerata.
La seconda replica di uno spettacolo è penosa: gli attori, i tecnici, il regista sembrano tutti stanchi, mogi, annoiati, distratti.
Dove è finita la gioia creatrice che li faceva tremare di passione fino a poche ore prima?
Il lavoro dell'attore, un tempo sacro, è basato sull'ascolto e sull'introspezione.
Sulla ricerca dei misteriosi processi psichici che danno autenticità ai gesti ed alle parole.
L'attore o il danzatore lavorano (dovrebbero lavorare) per mettersi a nudo.
La sera della "Prima" l'eccitazione è a mille perché si sta per "costruire" qualcosa.
Si sta per realizzare qualcosa.
il giorno dopo l'io sciocco ed ingenuo è costretto ad ammettere che quel qualcosa è stato si creato e realizzato, ma, non ha prodotto nessun mutamento sostanziale.
Non è successo ciò che si sperava: l'io è rimasto diviso!
L'io diviso non ha nessuna possibilità di risalire alla"sorgente" della conoscenza, perché la sua natura lo porta ad apprezzare la quantità e non la qualità.
Le luci del palcoscenico e l'applauso del pubblico non hanno innescato l' incendio catartico, ma un fuoco fatuo che lascia inalterata la sensazione di incompiutezza, compagna fedele dell'uomo moderno dalla nascita alla morte.
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