mercoledì 30 ottobre 2013

IL RITMO, IL PIACERE E LA LUCE INTERIORE

Per la filosofia indiana un fenomeno, per essere, tra virgolette "reale" (non una "lepre con le corna" o il "figlio di una donna sterile" come diceva Shankara) deve possedere  tre "qualità":
अस्ति asti (essenza - "lui/esso/lei" è),
भाति bhāti (luce propria, luce interiore,"effulgenza") e
प्रिय priya (piacevole, amabile, amato, desiderato, voluto).

Priya sta ad indicare la necessità di un fenomeno: un oggetto c'è perché ce ne è la necessità, e la necessità, per gli indiani, è la possibilità di trarne piacere (!).
La luce interiore, la necessità e l'essenza di un fenomeno sono oggettivi: una teiera è una teiera, c'è (ne ho una davanti in questo momento) ed è stata costruita in base ad un precisa idea che emerge dalla sostanziale identità tra forma e funzione
Se qualcuno affermasse che la teiera che ho davanti è un cappello sarebbe un deficiente. O un Marcel Duchamp che si prende gioco dei critici d'arte.




Si può obbiettare che non c'è una necessità assoluta dell'esistenza di una teiera:
si può vivere benissimo anche senza bere il tè e si potrebbe preparare il tè anche se non ci fosse la teiera.

La mancanza di una necessità assoluta ci dice che la  teiera non è un archetipo, non è un'Idea con la I maiuscola, ma è una proiezione/evoluzione, per esempio, della tazza.
La tazza è un contenitore, qualcosa che delimita una porzione di vuoto.
Nel momento in cui si concepisce e si "crea" una tazza (o un bicchiere) il vuoto (lo spazio) da essa delimitato comincia ad apparire diverso dal vuoto non delimitato dalla tazza.
Il vuoto delimitato dalla tazza sarà diverso dal vuoto delimitato dalla tomaia e dalla suola di una scarpa o dai muri di una stanza.

"L'intera manifestazione altro non è che la diversificazione apparente di porzioni più o meno grandi di vuoto (spazio) delimitate in maniera diversa".

La teiera è una proiezione/evoluzione della tazza.
La tazza, a sua volta è una proiezione/evoluzione della mano umana.

Se esaminiamo la mano nell'atto di "prendere" dell'acqua, si potrà arrivare alla conclusione che è, a sua volta,una proiezione di una delle cinque azioni che il corpo può compiere: l'azione di afferrare.
Afferrare, muoversi, parlare , defecare, procreare sono, per lo yoga,  le cinque azioni fondamentali che il corpo umano può compiere.
La mano è la proiezione dell'idea "afferrare".
Il piede è la proiezione dell'idea " muoversi".
La bocca è la proiezione dell'idea "parlare".
L'ano è la proiezione dell'idea "defecare".
L'organo sessuale è la proiezione dell'idea "procreare".

Tutte le azioni che può compiere il corpo umano sono a loro volta delle proiezioni/evoluzioni di queste cinque azioni principali
E queste cinque azioni, a loro volta sono una evoluzione/proiezione dell'azione "primaria": respirare.
Se respiro io immetto lo spazio esterno nell'interno del corpo.
Se espiro immetto lo spazio interno all'esterno del corpo.

Lo spazio è sempre lo stesso.
Ciò che immetto ed emetto sarà aria.
Senza aria l'essere umano non può vivere.
E' ovvio.
Se non può vivere non può nemmeno afferrare, muoversi, mangiare, defecare, procreare...
Quindi l'azione originaria è il respirare, un'azione che non dipende dalla volontà dell'individuo.
Arlecchino, in un celebre canovaccio della Commedia dell'Arte, cerca di uccidersi tappandosi naso e bocca, ma l'aria comincia ad uscire dall'ano (!!!!) e lui per la sorpresa apre bocca e naso e ricomincia a respirare suo malgrado. 
Il processo della respirazione ha bisogno di un interno e di uno esterno.
Ci sarà qualcosa "dentro" che si riempie e si svuota all'esterno ritmicamente.
Se non ci fosse l'alternanza (il ritmo) esterno-interno l'essere umano non potrebbe esistere.

Se si soffia aria in un palloncino senza mai fermarsi alla fine scoppia:
la inspirazione senza pause e senza espirazione porta alla distruzione.

D'altra parte un palloncino sgonfio non potrà cedere all'ambiente esterno neppure un nano grammo di aria.
L'aria senza ritmo, non è in grado , da sola, di assicurare l'esistenza del corpo umano.
Quindi il processo della respirazione sarà relativo al ritmo.



Per la teoria musicale il ritmo è differenza di accenti: 
il pendolo faTic-Toc dove  Toc sarà l'accento forte e  Tic l'accento debole.
Un valzer (3/4) sarà TOC TIC TIC.
Se si prende un corda tesa e la si fa vibrare, questa andrà, rispetto all'asse originario, una volta su ed una volta giù.
La vibrazione consiste nel movimento oscillatorio della corda, in alto ed in basso.

Il ritmo  invece "consiste nel porre l'attenzione del percepente su uno o l'altro dei movimenti della corda".
Il tempo è la percezione di certe frequenze medio basse (prendendo come riferimento il battito cardiaco come 1, 1 Hertz).
La melodia, infine,  consiste nel porre l'attenzione su questa o quella vibrazione medio alta.

La natura di ritmo, tempo e note musicali (quindi melodia) sarà la medesima.
Il ritmo è vibrazione, cioè suono.
La respirazione in definitiva è suono.
Il ritmo, nel caso specifico sarà la percezione della diversa qualità sonora di "esterno ed interno".
Senza discriminare tra spazio esterno e spazio interno non ci sarebbe neppure il concetto di respirazione, non ci sarebbe neppure il concetto della vita dell'essere umano.
Lo spazio interno della teiera potrà essere riempito di tè, così come lo spazio interno del corpo umano potrà essere riempito di coscienza.
Appariranno diversi tra loro tanto lo spazio interno ed esterno alla teiera tanto lo spazio interno ed esterno al corpo umano, ma sarà appunto "apparenza".
Se voglio bere il tè, sarò io a riempire la teiera, ma chi riempie di coscienza/individualità la "teiera" corpo umano?
Se fosse il piccolo "io ", l'anima individuale, a farlo sarebbe come pretendere che il tè decida da solo di infilarsi nella teiera.



Esistono vari tipi di Tè, bianco, nero, verde, giallo, rosso....
Così come esistono vari tipi di individualità umana.

Se la necessità di un fenomeno è la possibilità di goderne, Priya, viene da chiedersi quale piacere un ipotetico Creatore potrà provare nell'immettere nelle teiere/corpi umani, individualità così lontane tra loro come , ad esempio Hitler e Ramana Maharishi.
Possibile che vi sia "necessità" di entrambi, nella manifestazione?
Forse le cose sono più complesse di ciò che sembra.
O forse più semplici.

Quello che chiamiamo ईश्वर īśvara, il creatore, sta all'universo come il जीव jīva sta all'essere umano.
Essendo causa della manifestazione, īśvara sarà "relativo" all'effetto jīva.
Se non ci fosse la manifestazione non ci sarebbe neppure il Creatore.
Così se non ci fosse il corpo umano (i "cinque involucri") non ci sarebbe il जीव jīva. 
īśvara è la causa della manifestazione.
jīva è la causa dell'individualità.

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